VITA D'AUTORE #3: "Guarì molti dalle loro malattie" (Mc 1,34)


Domenica 26 aprile si è svolto VITA D'AUTORE #3: il terzo incontro formativo per adulti all'interno della tradizionale "Festa degli Incontri", presso i locali della Parrocchia B.V.M. Madre della Divina Provvidenza.





La partecipazione è stata di circa 30-40 persone; al centro della discussione e del confronto il tema della "malattia dell'anima" e della capacità della Parola di guarire le nostre ferite. La giornata si è conclusa con la celebrazione della S.Messa, presieduta dal Mons. Giancarlo Corti.

Per l'approfondimento personale e per tutti coloro che non hanno potuto partecipare, riportiamo qui di seguito i brani proposti per la riflessione.



VANGELO
I – La buona notizia
1) Il manifesto di Nazaret (Luca 4.16-21): Lo Spirito del Signore è
sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione e mi ha mandato
a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la
liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare
l'anno di grazia del Signore
2) Le Beatitudini (Matteo 5.1-12): Beati i poveri in spirito, perché
di essi è il regno dei cieli. Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno
consolati. Beati i miti, perché avranno in eredità la terra. Beati
quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di
cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno
chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per la giustizia, perché di
essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno
e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa
mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa
nei cieli. Così infatti perseguitarono i profeti che furono prima di voi.
3) Il Padre misericordioso (Luca 15): Quando era ancora lontano,
suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al
collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e
davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il
padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo
indossare, mettetegli l'anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello
grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo
mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”.
E cominciarono a far festa.
II – L'uomo nuovo
1) Nicodemo (Giovanni 3.1-21): In verità, in verità io ti dico, se uno
non nasce da acqua e Spirito, non può entrare nel regno di Dio.
2) Il cieco di Gerico (Marco 10.46-52): «Chiamatelo!». Chiamarono
il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». E quello, gettato
via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù.
3) La Samaritana (Giovanni 4.6-18, 39-42): Se tu conoscessi il dono
di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto
a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva.
4) L'adultera (Giovanni 8.1-11): «Chi di voi è senza peccato, getti
per primo la pietra contro di lei». [...] Lo lasciarono solo, e la donna
era là in mezzo. [...] «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?».
Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch'io ti condanno;
va' e d'ora in poi non peccare più».
5) La peccatrice (Luca 7.44-8): Da quando sono entrato, non ha
cessato di baciarmi i piedi. Tu non hai unto con olio il mio capo; lei
invece mi ha cosparso i piedi di profumo. Per questo io ti dico: sono
perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato.
III – Relazioni nuove
1) Il paralitico (Giovanni 5.5-9): «Signore, non ho nessuno che mi
immerga nella piscina quando l'acqua si agita. Mentre infatti sto per
andarvi, un altro scende prima di me». Gesù gli disse: «Àlzati, prendi
la tua barella e cammina». E all'istante quell'uomo guarì: prese la sua
barella e cominciò a camminare.
2) Il Samaritano (Luca 10.30-37): Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite,
versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò
in un albergo e si prese cura di lui.
3) La lavanda dei piedi (Giovanni 13.1-14): Se io, il Signore e il
Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni
agli altri.
4) La legge nuova (Matteo 5.21-24): Lascia lì il tuo dono davanti
all'altare, va' prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire
il tuo dono.
5) Il giudizio finale (Matteo 25. 31-46): Ho avuto fame e mi avete
dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e
mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato,
ero in carcere e siete venuti a trovarmi.


MAGISTERO DELLA CHIESA 

DALL'ENCICLICA DI GIOVANNI PAOLO II «REDEMPTOR HOMINIS» (1979)
Tutte le vie della Chiesa conducono all'uomo
14. L'uomo, nella piena verità della sua esistenza, del suo essere personale
ed insieme del suo essere comunitario e sociale – nell'àmbito della
propria famiglia, nell'àmbito di società e di contesti tanto diversi, nell'àmbito
della propria nazione, o popolo (e, forse, ancora solo del clan, o tribù),
nell'àmbito di tutta l'umanità – quest'uomo è la prima strada che la Chiesa
deve percorrere nel compimento della sua missione: egli è la prima e fondamentale
via della Chiesa, via tracciata da Cristo stesso, via che immutabilmente
passa attraverso il mistero dell'Incarnazione e della Redenzione.

DALL'ENCICLICA DI BENEDETTO XVI «CARITAS IN VERITATE» (2009)
Il bene comune
7. Accanto al bene individuale, c'è un bene legato al vivere sociale delle
persone: il bene comune. È il bene di quel “noi-tutti”, formato da individui,
famiglie e gruppi intermedi che si uniscono in comunità sociale. Non è un
bene ricercato per se stesso, ma per le persone che fanno parte della comunità
sociale e che solo in essa possono realmente e più efficacemente conseguire
il loro bene. Volere il bene comune e adoperarsi per esso è esigenza
di giustizia e di carità. Impegnarsi per il bene comune è prendersi cura, da
una parte, e avvalersi, dall'altra, di quel complesso di istituzioni che strutturano
giuridicamente, civilmente, politicamente, culturalmente il vivere sociale,
che in tal modo prende forma di pólis, di città. Si ama tanto più efficacemente
il prossimo, quanto più ci si adopera per un bene comune rispondente
anche ai suoi reali bisogni. Ogni cristiano è chiamato a questa
carità, nel modo della sua vocazione e secondo le sue possibilità d'incidenza
nella pólis. È questa la via istituzionale – possiamo anche dire politica –
della carità, non meno qualificata e incisiva di quanto lo sia la carità che incontra
il prossimo direttamente, fuori delle mediazioni istituzionali della
pólis. Quando la carità lo anima, l'impegno per il bene comune ha una valenza
superiore a quella dell'impegno soltanto secolare e politico. Come
ogni impegno per la giustizia, esso s'inscrive in quella testimonianza della
carità divina che, operando nel tempo, prepara l'eterno.

DALL'ENCICLICA DI PAOLO VI «POPULORUM PROGRESSIO» (1967)
Verso un umanesimo plenario
42. È un umanesimo plenario che occorre promuovere. Che vuol dire
ciò, se non lo sviluppo di tutto l'uomo e di tutti gli uomini? Un umanesimo
chiuso, insensibile ai valori dello spirito e a Dio che ne è la fonte, potrebbe
apparentemente avere maggiori possibilità di trionfare. Senza dubbio
l'uomo può organizzare la terra senza Dio, ma "senza Dio egli non
può alla fine che organizzarla contro l'uomo. L'umanesimo esclusivo è un
umanesimo inumano". Non v'è dunque umanesimo vero se non aperto
verso l'Assoluto, nel riconoscimento d'una vocazione, che offre l'idea vera
della vita umana. Lungi dall'essere la norma ultima dei valori, l'uomo non
realizza se stesso che trascendendosi. Secondo l'espressione così giusta di
Pascal: «L'uomo supera infinitamente l'uomo».

DALL'ESORTAZIONE APOSTOLICA «EVANGELII GAUDIUM»
Scoprire e trasmettere la “mistica” di vivere insieme
87. Oggi, quando le reti e gli strumenti della comunicazione umana
hanno raggiunto sviluppi inauditi, sentiamo la sfida di scoprire e trasmettere
la “mistica” di vivere insieme, di mescolarci, di incontrarci, di
prenderci in braccio, di appoggiarci, di partecipare a questa marea un po'
caotica che può trasformarsi in una vera esperienza di fraternità, in una
carovana solidale, in un santo pellegrinaggio. In questo modo, le maggiori
possibilità di comunicazione si tradurranno in maggiori possibilità di incontro
e di solidarietà tra tutti. Se potessimo seguire questa strada, sarebbe
una cosa tanto buona, tanto risanatrice, tanto liberatrice, tanto generatrice
di speranza! Uscire da se stessi per unirsi agli altri fa bene. Chiudersi
in sé stessi significa assaggiare l'amaro veleno dell'immanenza, e l'umanità
avrà la peggio in ogni scelta egoistica che facciamo.
88. L'ideale cristiano inviterà sempre a superare il sospetto, la sfiducia
permanente, la paura di essere invasi, gli atteggiamenti difensivi che il
mondo attuale ci impone. Molti tentano di fuggire dagli altri verso un
comodo privato, o verso il circolo ristretto dei più intimi, e rinunciano al
realismo della dimensione sociale del Vangelo. Perché, così come alcuni
vorrebbero un Cristo puramente spirituale, senza carne e senza croce, si
pretendono anche relazioni interpersonali solo mediate da apparecchi sofisticati,
da schermi e sistemi che si possano accendere e spegnere a comando.
Nel frattempo, il Vangelo ci invita sempre a correre il rischio dell'incontro
con il volto dell'altro, con la sua presenza fisica che interpella,
col suo dolore e le sue richieste, con la sua gioia contagiosa in un costante
corpo a corpo. L'autentica fede nel Figlio di Dio fatto carne è inseparabile
dal dono di sé, dall'appartenenza alla comunità, dal servizio, dalla riconciliazione
con la carne degli altri. Il Figlio di Dio, nella sua incarnazione,
ci ha invitato alla rivoluzione della tenerezza.

DA «MISERICORDIAE VULTUS» (Bolla di indizione del Giubileo della misericordia)
La misericordia fondamento della vita della chiesa
10. L'architrave che sorregge la vita della Chiesa è la misericordia.
Tutto della sua azione pastorale dovrebbe essere avvolto dalla tenerezza
con cui si indirizza ai credenti; nulla del suo annuncio e della sua testimonianza
verso il mondo può essere privo di misericordia. La credibilità della
Chiesa passa attraverso la strada dell'amore misericordioso e compassionevole.
La Chiesa "vive un desiderio inesauribile di offrire misericordia".
15. In questo Anno Santo, potremo fare l'esperienza di aprire il cuore a
quanti vivono nelle più disparate periferie esistenziali, che spesso il mondo
moderno crea in maniera drammatica. Quante situazioni di precarietà e
sofferenza sono presenti nel mondo di oggi! Quante ferite sono impresse
nella carne di tanti che non hanno più voce perché il loro grido si è affievolito
e spento a causa dell'indifferenza dei popoli ricchi. In questo Giubileo
ancora di più la Chiesa sarà chiamata a curare queste ferite, a lenirle
con l'olio della consolazione, fasciarle con la misericordia e curarle con la
solidarietà e l'attenzione dovuta. Non cadiamo nell'indifferenza che umilia,
nell'abitudinarietà che anestetizza l'animo e impedisce di scoprire la
novità, nel cinismo che distrugge. Apriamo i nostri occhi per guardare le
miserie del mondo, le ferite di tanti fratelli e sorelle privati della dignità, e
sentiamoci provocati ad ascoltare il loro grido di aiuto. [...] Non possiamo
sfuggire alle parole del Signore e in base ad esse saremo giudicati: se
avremo dato da mangiare a chi ha fame e da bere a chi ha sete. Se avremo
accolto il forestiero e vestito chi è nudo. Se avremo avuto tempo per stare
con chi è malato e prigioniero (cfr Mt 25,31-45). Ugualmente, ci sarà
chiesto se avremo aiutato ad uscire dal dubbio che fa cadere nella paura e
che spesso è fonte di solitudine; se saremo stati capaci di vincere l'ignoranza
in cui vivono milioni di persone, soprattutto i bambini privati dell'aiuto
necessario per essere riscattati dalla povertà; se saremo stati vicini
a chi è solo e afflitto; se avremo perdonato chi ci offende e respinto ogni
forma di rancore e di odio che porta alla violenza; se avremo avuto pazienza
sull'esempio di Dio che è tanto paziente con noi; se, infine, avremo
affidato al Signore nella preghiera i nostri fratelli e sorelle.




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